di Stefano Cardini,
Raoul Chiesa
Articolo pubblicato su MyTech - 11 maggio 2001
Hacking: una parola strana, ormai di moda e ripresa quotidianamente
dai mezzi di comunicazione.
Storica la definizione che ne diede Steven Levy nel libro
Hackers: Heroes of the Computer Revolution (edito e tradotto
in lingua italiana nel nostro Paese da Shake Edizioni):
hacker e' colui che pratica "l'esplorazione intellettuale
a ruota libera delle piu' alte e profonde potenzialita'
dei sistemi di computer (o la decisione di rendere l'accesso
alle informazioni quanto piu' libera e aperta possibile):
cio' implica la sentita convinzione che nei computer si
possa ritrovare la bellezza, che la forma estetica di un
programma perfetto possa liberare mente e spirito"
Parole molto suggestive, che di primo acchito possono sembrare
persino eccessive.
In realta' esse esprimono con precisione il contesto storico
in cui l'hacking, ben prima che assumesse questo nome, e'
sorto.
Stiamo parlando della costa occidentale della California,
tra Berkeley e Palo Alto, tra gli "sballati" di
quelle universita', dove per lungo tempo spiro' incontrastato
il vento delle culture anarchiche e pacifiste del sessantotto.
Uno spirito di esplorazione continua, anticonformista, antiburocratico,
avverso alle grandi concentrazioni industriali e finanziarie
piu' che al capitalismo in quanto tale.
Non necessariamente ne' per lo piu' comunista. E tuttavia
egualitario, votato alla creazione di una tecnologia (come
macchina della comunicazione e come conoscenza di questa
macchina) aperta a tutti, da tutti condivisa.
Cosi' e' cresciuto il sapere. Cosi' si e' innescata l'innovazione.
Da quel terreno di coltura provengono, tra i tanti nomi
sconosciuti al grande pubblico, anche i Wozniak e i Jobs
(fondatori della Apple); persino Bill Gates (benche' frequentasse
la piu' conformista Harvard) nacque e crebbe in quel mondo;
se non altro fino alla famosa Lettera aperta sulla pirateria,
con la quale per la prima volta fu posto (da lui) il problema
della proprieta' intellettuale di un software che fino a
quel momento si era liberamente evoluto e propagato, in
uno spirito di totale collaborazione tra programmatori (spirito
che oggi rivive nel mondo open source).
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